Solidarietà passiva e Tari…non esattamente!

La Tari è un tributo con solidarietà passiva solo teorica in quanto i Comuni non hanno nessuna garanzia di riscossione coattiva.

Ciò in quanto, a differenza della vecchia Tarsu, un modello riscossione per la Tari non è mai stato definito, essendo stata lasciata ai Comuni la possibilità di decidere se riscuotere la stessa con il sistema della liquidazione d’ufficio o con quello dell’autoliquidazione, così come essi la possibilità di optare per la riscossione coattiva tramite lo strumento del ruolo (Agenzia delle Entrate – riscossione) o con l’ingiunzione fiscale.

Buona parte dei Comuni ha scelto il sistema della liquidazione d’ufficio, con onere da parte dell’Ente, quindi, di notificare un atto contenente la descrizione accurata della pretesa e il relativo importo, attraverso questa procedura:

  1. avviso di pagamento da inviare per posta ordinaria; 2. sollecito di pagamento da notificare a coloro che non hanno pagato o hanno pagato parzialmente il dovuto; 3. avviso di accertamento per omesso/parziale versamento da notificare agli inadempienti; 4. ingiunzione fiscale da notificare ai persistenti morosi.

Il tutto sempre nei termini decadenziali dettati dai commi 161 e 163, articolo 1, della legge n. 296/2006 e sue successive modifiche ed integrazioni.

La Tari, tuttavia, a differenza dell’Imu, ha la particolarità che in caso di pluralità di soggetti passivi, l’obbligazione tributaria rimane unica e tra di essi sussista la cosiddetta solidarietà passiva.

Tutti sono, pertanto, tenuti in solido all’adempimento dell’unica prestazione e il pagamento di uno di essi libera gli altri.

Il comma 641, articolo 1, della legge n.147/2013, infatti, stabilisce che in caso di pluralità di possessori o di detentori, l’obbligazione tributaria è unica e tutti sono tenuti in solido all’adempimento della prestazione, secondo le regole della solidarietà di cui all’articolo 1292 del Codice civile.

La conseguenza di quanto affermato è che il Comune potrebbe pretendere il pagamento della Tari per intero da qualsiasi coabitante, per ipotesi anche da tutti, indipendentemente da chi abbia fatto la dichiarazione, che in genere è un solo soggetto.

La prassi, tuttavia, prevede che il Comune proceda con l’invio dell’avviso bonario e la notifica degli atti successivi al solo dichiarante.

Spesso capita però che, in fase di riscossione coattiva, ci si accorga che il dichiarante, oltre a essere inadempiente, sia anche nullatenente; pertanto, tutte le procedure esecutive e cautelari avrebbero esito negativo.

In tal caso potrebbe il principio di solidarietà tra i soggetti passivi essere d’aiuto per escutere il patrimonio di uno di essi notoriamente solvibile?

In altre parole, dopo aver notificato un sollecito di pagamento e un avviso di accertamento a uno dei soggetti passivi (per esempio il dichiarante) privo di solidità economico/patrimoniale, si può notificare l’ingiunzione e quindi procedere con fasi esecutive a un altro coabitante del quale il Comune ha scoperto come esistente un patrimonio da aggredire, a differenza del primo?

A tale quesito, purtroppo, si ritiene di dover dare risposta negativa.

Il principio della solidarietà vale sia a monte, in quanto il Comune può chiedere l’intera prestazione a uno solo dei debitori (e non ripartire la stessa per quanti sono questi ultimi), sia a valle, perché il pagamento dell’intero da parte di uno di essi libera tutti, ma non ha effetti sulla notifica degli atti, né sui termini di decadenza previsti dai commi 161 e 163.

Per potere esigere la prestazione da un altro soggetto passivo obbligato in solido con l’intestatario dell’utenza Tari, occorre che gli venga notificato l’atto contenente la descrizione e l’ammontare della pretesa (avviso/sollecito di pagamento) e gli atti conseguenziali quali l’avviso di accertamento e l’ingiunzione, atto, quest’ultimo, che apre le porte alle procedure cautelari di fermo e di ipoteca, e alle procedure esecutive (pignoramento di conti corrente, dei fitti attivi, dello stipendio o altro), il tutto entro i termini decadenziali (5 anni/3 anni) previsti dalla legge n. 296/2006 . 2006 e sue successive modifiche ed integrazioni.

Ciò in quanto a nulla rileva il fatto che i medesimi atti già sono stati notificati al soggetto coobbligato dichiarante.

Pertanto, per tutelare il proprio credito, è opportuno che il Comune non proceda solamente alla notifica degli atti previsti dal regolamento al titolare dell’utenza (in genere il dichiarante), ma proceda anche ad eseguire una valutazione della situazione economico patrimoniale di quest’ultimo e degli altri coobbligati, almeno nella fase di notifica del primo atto liquidatorio in modo tale da poter agire nei confronti di colui o coloro che si ritengono maggiormente solvibili.

 

Avv. Antonio Martinoli

Iscritto presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma

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